Physioclinic, la dottoressa Segreto parla di dieta ed educazione a una vita sana

Tra i medici di Physioclinic, la dottoressa Valentina Segreto, biologa nutrizionista, forte della sua lunga esperienza con squadre ed atleti, spiega come trovare il connubio giusto tra alimentazione, organizzazione della vita quotidiana e sport.

Che sia per vivere al meglio ogni stagione della vita, o per conseguire risultati importanti nello sport, la figura del biologo nutrizionista sta diventando sempre più importante. Nello staff di Physioclinic c’è la dottoressa Valentina Segreto, laureata in Inghilterra presso la Loughborough University, specialista in Alimentazione Sportiva e Nutrizione Umana, la quale ha maturato una grande esperienza seguendo atleti professionisti e squadre. I suoi principali campi di interesse sono la performance sportiva, la salute dell’intestino, la ricomposizione corporea, il raggiungimento del peso forma e l’alimentazione della donna. Con lei affrontiamo diversi aspetti dell’alimentazione, partendo da quello che forse è il più importante: l’educazione. Dottoressa, quanto è importante rivolgersi ad uno specialista per trovare uno stile di vita sano? Oggi il ruolo del biologo nutrizionista è soprattutto quello di un educatore, che aiuta ogni singola persona su tutto ciò che concerne il mondo dell’alimentazione. Educare ad uno stile di vita sano, che non aggiunga stress, è il nostro primo compito e non per forza si va dal biologo nutrizionista per sottoporsi ad una dieta, intesa come un regime alimentare restrittivo, piuttosto ci si rivolge a noi perché siamo in grado di trovare il connubio giusto tra alimentazione e organizzazione della vita quotidiana, che spesso è piena di impegni. Il biologo nutrizionista è in grado di creare benessere nelle persone anche perché educa il paziente a seguire dei principi che sono stabiliti da consessi di scienziati e da organizzazioni mondiali. Per questo il mio primo consiglio è quello di evitare le diete fai da te affidandosi a professionisti del settore e il secondo è quello di non dare ascolto a ciò che si trova sui social. L’educazione, quindi, permette di adattare l’alimentazione alle diverse fasi e condizioni della vita? Certo, perché nell’arco della nostra esistenza affrontiamo periodi nei quali il fabbisogno varia, si evolve e muta. Anche nell’età adulta ci sono situazioni che fanno cambiare i fabbisogni alimentari. Non solo quando parliamo di condizione sportiva, ma anche di una condizione clinica particolare, o della propensione di ognuno ad essere più o meno soggetto a certe patologie, fossero anche patologie stagionali come le allergie. La nutrizione deve incontrate le esigenze mutevoli dell’individuo. Qual è l’errore più grande nel voler rientrare in forma attraverso una dieta? Farsi prendere dall’ansia, che quasi sempre è la prima reazione che le persone hanno di fronte all’aumento di peso o a quelle spiacevoli sensazioni di gonfiore addominale e appesantimento. L’ansia provoca stress e le diete improvvisate, con l’eliminazione di alcuni elementi, come ad esempio i carboidrati, finiscono per essere controproducenti. La strada giusta è ricentrare e ripianificare la nostra giornata nell’ambito alimentare, variando riprendendo a bilanciare i pasti. Dobbiamo cercare una nuova regolarità nell’apporto nutrizionale, che sia adeguata alle nostre esigenze e per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto di un professionista. Fare i conti con la bilancia non è un buon punto di partenza? Io dico sempre ai miei pazienti di abbandonare l’uso quotidiano della bilancia. Ogni volta che abbiamo un sovraccarico sull’apparato digerente, perché abbiamo mangiato di più, o perché il cibo era particolarmente elaborato e condito, si manifesta un aumento della ritenzione idrica. Per questo vediamo un aumento di peso dopo la pizzata con gli amici del sabato sera, ma questo no rappresenta un aumento di adipe, il nostro corpo è soggetto a delle variazioni ponderali quotidiane, che però hanno svariate giustificazioni. Quindi no, la bilancia non è un buon motivatore. Un tema molto in voga è quello sul glutine… Sì, ma eliminarlo solo perché siamo tornati sovrappeso dalle vacanze o perché sta cambiando la stagione non ha senso. Se non c’è un’intolleranza o una celiachia, è necessaria un’anamnesi approfondita prima di togliere un alimento, perché ogni individuo ha caratteristiche peculiari e di conseguenza delle esigenze particolari. Quanto è importante la dieta mediterranea, che nel 2010 è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO? La dieta mediterranea è una tipologia di dieta, uno stile di vita, tra i più adatti a favorire la longevità e la salute. Purtroppo al giorno d’oggi molti studi rivelano che non siamo più in grado di seguirla, in quanto con l’occidentalizzazione che ha subito il comparto alimentare, le nostre diete sono molto più ricche di fonti proteiche di quanto non preveda la dieta mediterranea. Quest’ultima ha, infatti, come base acqua, frutta, verdura e cereali e, poi, con consumi e frequenze inferiori, gli altri gruppi alimentari. Lei ha accennato al ruolo del biologo nutrizionista nell’affronto di situazioni particolari come una malattia o un’operazione… Siamo abituati a lavorare in team e laddove, ad esempio, ci sono delle patologie croniche ci si confronta continuamente con gli altri specialisti che hanno in cura il paziente. Lo stesso avviene quando vengono affrontate problematiche di tipo psicologico. Per affrontare un cammino positivo il paziente ha bisogno di diverse figure che cooperano tra loro e una di queste è il biologo nutrizionista. Parliamo di sport. Qual è la differenza tra la dieta di un atleta amatoriale e quella di un atleta professionista? La grande differenza è data dall’introito energetico necessario a sostentare i due individui: lo sportivo ed il sedentario o sportivo amatoriale. I fabbisogni alimentari vengono adeguati al tipo di attività e di obiettivi da raggiungere, ma seguendo linee guida diverse per le due categorie di individui. Dobbiamo anche tener conto che lo sportivo professionista modula la sua giornata sull’allenamento e sulla prestazione: si alza, mangia, si allena, mangia, dorme. Inoltre il professionista si nutre rispondendo al fabbisogno e curando il recupero, che va velocizzato se ci sono competizioni ravvicinate, tenendo basso il livello di infiammazione che è dato dall’aumentata attività sportiva. Lo sportivo amatoriale, invece, anche se è un agonista, ha un’organizzazione della giornata diversa, perché deve andare al lavoro e poi deve trovare il tempo di allenarsi. Quindi lo sportivo amatoriale deve rispondere ai suoi fabbisogni alimentari, che sono maggiori rispetto a quelli di una persona sedentaria, ma deve saperli incastrare nei tempi giusti. Unire un’alimentazione specifica alla vita quotidiana non è semplice, ma è fondamentale anche per evitare il rischio di infortuni. Le lavora con atleti di diverse discipline sportive e anche con le squadre. In quali discipline l’alimentazione ha più importanza? Reputo una fortuna aver fatto esperienza in ambiti sportivi differenti e posso dire che il biologo nutrizionista è importante sia quando fa parte dello staff di un singolo atleta sia in quello di una squadra, perché non si occupa solo dell’alimentazione, ma interviene in molte altre questioni, come, ad esempio, tutelare la qualità del sonno in caso di gare ravvicinate, oppure far superare in fretta il jet lag ad un atleta che compete dall’altra parte del mondo. In tutti gli sport l’alimentazione ha un impatto importante e noi abbiamo il compito di studiare ciò che quella specifica disciplina richiede in termini fisiologici all’atleta. Ovviamente ci sono delle categorie di sport con problematiche particolari, come quelli nei quali è necessario arrivare alla gara con un peso specifico per rientrare nella categoria, vedi il canottaggio o la lotta. Per questi atleti il rapporto con la bilancia ha un’importanza particolare e ci sono sempre degli aggiustamenti da fare nell’alimentazione, per permettere all’atleta di arrivare al meglio alla competizione. L’argomento degli sport di categoria è molto attuale nel mondo dello sport professionistico… Noi lavoriamo nell’ottica di evitare oscillazioni di peso marcate durante la stagione, anche per non incorrere in infortuni. Anni fa la branca della nutrizione sportiva, soprattutto in alcuni sport, non era così sviluppata e gli atleti ricorrevano a misure estreme per rientrare nel peso, misure che debilitavano l’organismo. Invece, oggi, l’obiettivo è quello di preparare l’organismo alla prestazione, riducendo al minimo le variazioni di peso e contingentandole in momenti ben specifici. La salute dell’atleta, visto prima di tutto come individuo, è alla base del lavoro e su questa base si cerca di trovare un equilibrio per rispondere alle esigenze nutrizionali.