L'importanza di costruire reti, Angelo Chiorazzo interviene al convegno della Don Gnocchi

Il convegno sulle strategie della presa in cura dell’anziano fragile, organizzato dalla Fondazione Don Gnocchi a Roma: una straordinaria occasione per un confronto e uno scambio di esperienze su come migliorare la vita di milioni di persone e far progredire la nostra società, in modo più umano e inclusivo.

Un dialogo aperto, al quale ha partecipato Angelo Chiorazzo, insieme a Marco Impagliazzo Presidente Comunità di S. Egidio, a Laura De Vito, della Direzione Strategica Policlinico Umberto I di Roma e a don Massimo Angelelli, Direttore dell'Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della CEI. Vito Salinaro di Avvenire ha coordinato l’incontro, che è andato subito al cuore del problema: come costruire realmente una rete assistenziale intorno alla persona malata o vulnerabile, una rete disegnata sulle esigenze della persona presa in carico, che sia anche in grado di curare e allo stesso tempo prendersi cura di ogni aspetto della vita dell’anziano.

“Perché di solitudine si muore” ha detto Marco Impagliazzo, portando ad esempio i tanti anziani che vivono da soli e non sono in grado neanche di seguire le terapie assegnate dai medici. “Bisogna intercettare le domande, prima che diventi impossibile offrire risposte”, ha aggiunto Impagliazzo, ricordando che in Italia ci sono 7 milioni di persone con più di 75 anni e solo 3 milioni di loro vivono nelle loro case. E ha concluso: “Ci sono 500 mila anziani soli che appartengono alle fasce più basse per reddito, una situazione che va affrontata prima che diventi ingestibile”.

Angelo Chiorazzo ha ringraziato la Fondazione Don Gnocchi e il dottor Fabio De Santis per aver organizzato questa giornata di lavoro, che è stata anche un’occasione per fare rete tra operatori del settore animati dagli stessi ideali: “Auxilium – ha raccontato Chiorazzo – fin dalle origini ha affermato che la casa del paziente deve diventare il primo luogo di cura. Siamo il Paese con più anziani in Europa, quindi dobbiamo diventare quello con l’Assistenza Domiciliare Integrata più diffusa ed efficiente”. E ha aggiunto: “Oggi siamo indietro rispetto alla media europea, per cui è fondamentale l’obiettivo che l’Italia si è data, già con il precedente Ministro della Salute Roberto Speranza, di portare l’ADI ad assistere il 10 per cento della popolazione italiana over 65 entro il 2026. Ma dobbiamo puntare sulla qualità del servizio, sull’aumento delle ore di assistenza, sulla valorizzazione dei modelli virtuosi che già ci sono in Italia ed in Europa”.

Don Angelelli ha portato l’attenzione sul fatto non dobbiamo rincorrere soluzioni preconfezionate: “Esistono condizioni che vanno trattate a domicilio e altre che vanno trattate temporaneamente in strutture adeguate. Ci sono, poi, situazioni di cronicità così pesante che non è realistico pensare di creare un reparto d’ospedale in ogni casa, e allora bisogna pensare a strutture dove le persone trovano il massimo della cura possibile”. Don Vincenzo Barbante, Presidente della Fondazione don Gnocchi, ha concluso la giornata con un intervento pieno di concretezza, nel quale ha detto che la politica e i decisori devono saper guardare lontano, stando attenti a non creare ulteriori sovrastrutture che burocratizzano, costruiscono cattedrali vuote, ma non risolvono. Barbante ha concluso con una semplice domanda, quella dell’anziano solo che ha un problema e chiede: “E ora da chi vado?”. In una società che, come ha detto Barbante, sta diventando più complicata che complessa, anche noi pensiamo che per non essere una riforma destinata a fallire, la nuova Legge Delega sulla terza età debba offrire una risposta reale a questa semplice domanda.