Cure domiciliari Auxilium: il diploma a pieni voti di Daniela

Ci sono storie che emozionano e fanno capire tante cose sul valore inestimabile di ogni singola vita, sull’amore dei genitori, sull’importanza delle cure domiciliari e sulla capacità di inclusione della scuola italiana: a Molfetta, in provincia di Bari, dove Daniela, una ragazzina di 16 anni, affetta da una malattia genetica rara e molto invalidante, si è diplomata con il massimo dei voti, presso la scuola media dell’Istituto Comprensivo Don Cosmo Azzollini Giaquinto, dove Daniela ha fatto tutto il suo percorso scolastico, dalle materne fino all’esame di licenza media

“L’esame è stato un momento indimenticabile, si è svolto a casa con un collegamento in DAD con la commissione che era a scuola”, racconta la mamma Betta contentissima ed emozionata, mentre Daniela che le è accanto ascolta e sorride: “La commissione era formata dai suoi insegnati, compreso quello di sostegno e dalla preside, mentre a casa nostra, come membro della commissione, c’era la vicepreside. Con noi erano presenti anche gli operatori delle cure domiciliari Auxilium, che seguono quotidianamente Daniela. Alla commissione di esame ci siamo presentati con un video dimostrativo di tutte le attività svolte da Daniela in questi anni. Un video commovente, realizzato anche grazie all’abilità tecnica di Gaetano Martorana, infermiere Auxilium che quel giorno ci ha trasmesso una grande tranquillità. Alla fine dell’esame abbiamo festeggiato Daniela tutti insieme ed è stato bellissimo!

L’emozione di mamma Betta e di papà Sergio, ma anche quella di tutte le persone che hanno dato il loro contributo alla realizzazione di un sogno, è più che giustificata: Daniela, infatti, soffre dai primi mesi di vita di un'epilessia neonatale genetica rara, che si manifesta con frequenti crisi epilettiche focali migranti polimorfe, che portano al deterioramento progressivo dello sviluppo psicomotorio. La mamma e il papà in questi anni hanno affrontato la situazione con una energia straordinaria, perché non è facile costruire una rete assistenziale intorno ad un caso che è fuori dalla letteratura medica e che può essere quasi paragonato ad uno stato vegetativo. Eppure Betta e Sergio, non solo sono riusciti a rendere possibile la vita della figlia, ma anche a far sì che avesse quello che è un diritto di ogni bambino, ovvero la scuola.

“Quando 13 anni fa ci siamo approcciati per la prima volta con l’Istituto Giaquinto, il concetto di disabilità non era riconosciuto come lo è oggi” racconta Betta. E prosegue: “Temevo che mi dicessero che non potevano far nulla per noi, invece fummo accolti subito e il preside di allora ci disse che, nonostante la gravità della sua patologia, Daniela doveva essere riconosciuta dalla classe e doveva avere quello che hanno tutti gli altri bambini. L’istituto si è sempre prodigato nel cercare il meglio per lei, soprattutto nel costruire un percorso che oggi può sembrare scontato, ma allora non lo era affatto. La scuola ci ha supportato molto anche nel far conoscere Daniela ai suoi compagni di classe, non è stata un’inclusione formale, anzi, continuano a commuovermi i tanti disegni che i compagni hanno dedicato a Daniela in questi anni e ricordo che, anche quando Daniela era a casa, veniva sempre chiamata all’appello. Anche durante il Covid, quando erano tutti in DAD e l’appello avveniva condividendo la propria foto sullo schermo, c’era sempre anche la foto di Daniela, perché è sempre stata sentita come parte della classe”.

In questi 13 anni, nei periodi tranquilli, se la salute lo permetteva, i genitori portavano Daniela a scuola per farla stare a contatto con gli altri bambini, ma il Covid ha reso molto più rara questa possibilità. Daniela, soprattutto grazie all’impegno costante della mamma, ha continuato in DAD: ogni pomeriggio c’era il collegamento di tre ore con la scuola, durante il quale l’insegnate organizzava il programma e Daniela, la quale, aiutata dalle persone accanto a lei, svolgeva i compiti assegnati. Racconta Betta: “Cose molto semplici nell’ambito visivo, uditivo, tattile, che davano la possibilità di sviluppare i suoi sensi, perché Daniela ha un ritardo cognitivo severo dovuto all’epilessia, che le provoca crisi quotidiane. Il suo livello di attenzione è, quindi, molto precario, ma sappiamo cosa le piace e cosa no: non le piace scrivere, ad esempio, ma ama il collage. Abbiamo chiesto ai medici cosa Daniela comprende dell’esterno e ci è stato detto che riconosce le persone alle quali può affidarsi, anche se, ad esempio, non sa che sono la mamma. Daniela non ha la possibilità di costruire una sua autonomia e dipende da quello che tutti noi gli proponiamo. Con i suoi sorrisi, la sua attenzione, i suoi sguardi, i suoi movimenti ha sempre cercato di comunicare cosa stava provando e questo significa che lei c’è, grazie all’apporto di tutti. A volte dico che Daniela è come un puzzle, l’insieme di tutte le persone che sono entrate a far parte della sua vita. Lei sa farsi volere bene, anche se è molto selettiva con le persone. Ma se entri nel suo cuore lei entra nel tuo.

È accaduto anche con gli operatori delle cure domiciliari Auxilium che la seguono per conto dell’ASL Bari: “Sull’ADI non posso che essere molto selettiva – racconta Betta – io do fiducia ma devo essere sicura che oltre la professionalità ci sia quell’umanità che permette di entrare nel mondo di Daniela. Il gruppo di operatori che sono con lei da sette anni hanno un approccio fatto anche di intuito e di complicità, sanno riconoscere i movimenti e gli atteggiamenti di mia figlia. Daniela entra in sintonia con i battiti del cuore delle persone che ha intorno e avverte se ci sono ansie, paure, preoccupazioni. Ma mentre un bambino se è a disagio piange, lei reagisce con le crisi epilettiche.
La caratteristica degli operatori e dei coordinatori Auxilium, che ci tengo ad elogiare, è che non lasciano nulla al caso. Anche quando ci sono dei disguidi, dei problemi o delle divergenze, ti ascoltano sempre e si vede che sono mirati a dare il meglio a mia figlia. Le nostre necessità sono particolari e a volte è difficile farle rientrare negli standard assistenziali, ma loro hanno sempre avuto un atteggiamento propositivo e quindi si è creata una bella collaborazione. Gli operatori che entrano in casa diventano persone di famiglia perché sono le mani, le gambe, la mente di mia figlia e quando sono qui devono sentirsi bene. Quando noi diamo il cuore a Daniela il suo cuore è parte di noi ed è un cuore fatto di un insieme di persone”.