Un faro nel mare dell’indifferenza

Sì, perché l’iter della morte parte sempre da una disperazione: è la disperazione che genera il coraggio della fuga, poi questo coraggio ridà speranza e c’è chi questa speranza la sfrutta tutta, malvagiamente senza scrupoli. Poi viene la paura, che come un’onda spazza via ogni cosa, e nel frattempo si consuma la tragedia. E i numeri di questa tragedia sono tanto “alti” quanto veri, una “misura” che supera il suo record ogni volta, facendo percepire per un attimo l’entità drammatica del fenomeno, fino a quando, nuovamente assuefatti da questa morte “drogante” e dilagante, tutto scivola via di nuovo, almeno fino al prossimo guinness dei primati. 

E i numeri dei morti del mare sono presto detti: 3.072 gli immigrati morti nel Mediterraneo nel 2014. I dati sono dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, che ha sancito che l’Europa è la più pericolosa destinazione per gli immigrati irregolari. Il 2014 è stato dunque “l’anno più mortale”, con un numero record di vittime, pari a oltre il doppio di quello registrato nel 2011. Dal 2000 ad oggi sono stati oltre 22.000 i migranti che hanno perso la vita nel Mar Mediterraneo cercando di raggiungere l’Europa.
Se la strage di Lampedusa del 2013 era già stata definita “senza precedenti” per il numero di vittime (366 i corpi senza vita portati a galla dai soccorritori), quella delle scorse settimane è la tragedia delle tragedie.
E mentre noi dimentichiamo che siamo stati neanche tanti anni fa migranti verso le americhe e tutt’ora continuiamo a sperare che i nostri figli facciano carriera all’estero, secondo il Centro Studi Ricerche Idos, gli stranieri in posizione regolare in Italia erano, nel 2013, circa 5 milioni e 440 mila, ovvero l’8% della popolazione e 4 volte più numerosi rispetto al 2001.
Un incremento che ha segnato profondamente e sta segnando ancora il paesaggio demografico e sociale di un Paese, cosiddetto democratico, che pure stenta ancora ad abituarsi, in alcune regioni più che in altre, alle differenze etniche e culturali.
Lo dimostra il fatto che ancora, e con l’aumento degli sbarchi il fenomeno ha visto una pericolosa sottolineatura, lo “straniero” viene visto come un pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico o come un “peso” economico per lo Stato. Un “termometro della percezione” che cambia da zona a zona del nostro Paese, ma che la dice lunga sul grado di “cultura dell’accoglienza” in Italia.
Eppure il nostro Paese è oggi per i migranti una meta soltanto transitoria del loro viaggio della speranza. Il nostro mercato del lavoro, insufficiente ad assorbirli e a collocarli, non li attrae nemmeno e allora l’Italia diventa per loro un ponte verso il resto dell’Europa: Germania, Gran Bretagna e Svezia su tutti.
E veniamo a Bitonto. Secondo i dati dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, gestito dalla cooperativa Auxilium in partnership, anche se limitata, col Comune, sono 79 gli ingressi registrati nella nostra città nel 2014: 14 donne, 43 uomini, 23 minori, 13 famiglie, di nazionalità per lo più irachena e afghana, ma anche egiziani, palestinesi, pakistani, ghanesi, libici, turchi, siriani, bengalesi, iraniani, armeni e somali. Di questi, 40 hanno lasciato il nostro Paese alla volta del nord Europa, in cerca di lavoro e migliori condizioni di vita. In cerca di una nuova speranza. Di tutti coloro che giungono in città, quindi, circa la metà e, a volte, più del 60%, riparte per mete più ambite.
La Cooperativa Auxilium, nata nel ‘99, fondata da Angelo Chiorazzo e presieduta da Pietro Francesco Chiorazzo, rappresenta oggi una delle più importanti realtà al servizio del disagio sociale in Italia. Presente a Senise, Roma, Milano, Bari e Caltanissetta, opera in diverse aree di intervento: dall’assistenza domiciliare agli anziani e ai disabili al sostegno socio assistenziale ed educativo ai minori, dall’orientamento per l’inserimento nel mondo del lavoro ai centri di accoglienza, identificazione ed espulsione degli immigrati, fino al sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, lo Sprar appunto, presente anche a Bitonto in piazza A. Moro. È qui che si rivolgono i migranti provenienti non solo dal Cara di Bari-Palese ma da tutti i Cara d’Italia (i centri di prima accoglienza): famiglie, uomini e donne originari di ogni angolo del mondo martoriato, dopo aver percorso chilometri e chilometri stipati nei barconi della morte o a piedi, dopo un viaggio durato mesi in condizioni disumane.
È questo il centro di seconda accoglienza, dove queste persone ricevono una serie di servizi, dall’assistenza sociale e sanitaria a quella legale e di integrazione.
Lo Sprar cittadino prevede un’equipe multidisciplinare con la presenza di alcune figure pro-fessionali quali un coordinatore, uno psicologo, un assistente sociale, un consulente legale, 3 operatori all’accoglienza, 2 operatori per l’integrazione, un insegnante di lingua italiana (che offre lezioni di 5/6 ore settimanali per migrante) e due mediatori.
Il progetto, ci racconta il dott. Sante Sabatino, coordinatore del centro, ha una durata di 6 mesi e decorre dal momento in cui il migrante ottiene la notifica del decreto emesso dalla Commissione territoriale di competenza.
Il progetto dà la possibilità ai migranti giunti nella nostra città di avere una casa in cui stare temporaneamente, una diaria giornaliera, un’assistenza sanitaria e sociale, un supporto psicologico, una consulenza legale mirata all’ottenimento della documentazione necessaria a soggiornare nel territorio dell’Unione Europea e all’avvio delle domande di ricongiungimento familiare.
Gli operatori della cooperativa Auxilium si occupano, inoltre, della documentazione dei migranti e della loro integrazione nel tessuto sociale cittadino, non solo attraverso l’organizzazione di corsi di lingua italiana o eventi ludici, come partite e concerti, ma soprattutto cercano di mettere in contatto i beneficiari del progetto con corsi di formazione finalizzati all’inserimento lavorativo. Ingresso nel mondo del lavoro che richiede impegno sia da parte dell’equipe sia dei beneficiari, poiché i migranti che arrivano non conoscono la lingua e sono soggetti a pregiudizi razziali.
Ad oggi, la buona riuscita dell’integrazione vede coinvolti alcuni ragazzi in attività commerciali (presso un rivenditore di frutta, in una sartoria e presso un vivaio) e, un ragazzo attualmente frequentante un tirocinio formativo come panificatore.
L’amministrazione comunale ha un ruolo attivo nell’espletamento dei servizi previsti dallo Sprar e partecipa al cofinanziamento con la concessione dell’immobile che oggi è la sede di Auxilium e dello Sprar, ovvero i locali di piazza A. Moro oltre all’appartamento in via Ragni, destinato all’accoglienza delle famiglie.
Per il resto mette a disposizione, come per ogni residente, l’attività dei servizi sociali cittadini che però, a detta dell’assessore al ramo, Franco Scauro, non vengono presi come punto di riferimento da parte dei migranti.
Il risultato di questa panoramica è il seguente: i migranti arrivano nella nostra città, col loro pesante carico di ricordi drammatici, di povertà, disperazione e speranza. Vengono accolti da Auxilium, che cerca di dar loro tutto ciò di cui hanno bisogno per il tempo necessario ad ottenere i permessi e per la durata di permanenza all’interno del progetto.
E allora c’è un gap nel programma europeo di accoglienza agli immigrati che forse bisognerebbe risolvere, perché la parola accoglienza ha un significato diverso dalla “sosta”, dal “parcheggio temporaneo” delle persone, perché la dignità sia rispettata davvero, perché l’ospitalità e la solidarietà acquisiscano un valore e un’importanza diversa e perché questo flusso immenso di uomini, donne e bambini (sì stiamo parlando di esseri umani dall’inizio) non venga ancora una volta travolto dal mare della superficialità e dell’indifferenza.