Imprenditori di territorio, avanza la nuova generazione
Il bene comune insieme al profitto: in Italia crescono i casi di «buona» filantropia
Ci sono industriali pronti a destinare l'1% degli utili fatti, in progetti a favore delle comunità in cui operano? La provocazione lanciata tempo fa da Diego Della Valle ha aperto un dibattito: ecco la mappa di chi al business ha saputo unire scelte di responsabilità sociale.
Buona economia, cattiva economia:forse è azzardato pretendere di distinguerle in modo netto. Ma senza dubbio c'è modo d'intendere il fare impresa e i suoi fini ultimi. C'è ad esempio chi prova ad avere lo sguardo lungo e la visione ampia, pensando che un'impresa non può durare nel tempo se non contribuisce anche al benessere sociale ed ambientare della propria comunità. E chi si limita a curarsi del solo risultato economico, magari di breve periodo. Finendo però per essere, più che imprenditore, un "prenditore" di risorse.
Il dibattito è aperto da sempre. A rilanciarlo è stato nelle ultime settimane Diego Della Valle, patron del Gruppo Tod's, che ha esortato gli imprenditori che anche con la crisi riescono a fare utili a occuparsi della loro comunità. Destinando una parte degli utili, l'1%, a progetti di solidarietà in favore del territorio: il cosiddetto welfare territoriale.
Molte le reazioni, positive, alla proposta. Anche perché esperienze di filantropia aziendale, di imprenditori "buoni" e lungimiranti, in Italia non mancano. Renzo Rosso, ad esempio, fondatore del marchio Diesel, lo scorso anno ha destinato 5 milioni di euro del patrimonio personale a sostegno di un progetto di microcredito, coordinato da Etimos Foundation, per per il post-terremoto in Emilia, Lombardia e Veneto. Con quelle risorse si è potuto costituire un fondo di garanzia che oggi ha già permesso di attivare senza bisogno di ulteriori garanzie più di 80 finanziamenti (quasi 2 milioni di euro erogati) a privati, famiglie, micro e piccole imprese.
E forse per avere sperimentato di persona l'efficacia della filantropia aziendale nell'attivare progetti di economia sociale e inclusiva che il presidente Etimos Foundation, Marco Santori, ha espresso fra i primi apprezzamento per la proposta di Della Valle. Così pure ha fatto il presidente di Assopopolari, Emilio Zanetti, ricordando come le banche popolari cooperative già eroghino parte degli utili (tra il 2 e l'8%) a interventi per le comunità. e poi ancora l'ex-ministro Giovanna Melandri, oggi presidente di Uman Foundation, e Maurizio Carrara, presidente di Unicredit Foundation, molto attiva nel sostegno a imprese sociali innovative (appena premiata al Sodalitas social award).
Proprio la fondazione è un'altra delle strade che sempre più imprese scelgono per strutturare le proprie iniziative solidali. Tradizionalmente più diffuse nel mondo anglosassone, dov'è più radivata la cultura del give back to the community (restituisci alla comunità) - celebri i casi della Bill & Melinda Gates Foundation e della Susan Thompson Buffett Foundation, costituita da Warren Buffet - le fondazioni di impresa nell'ultimo decennio si sono moltiplicate anche in Italia: è il caso, solo per citarne alcune, di Enel Cuore e Eni Foundation, di Fondazione Vodafone Italia, Fondazione Umana Mente (Gruppo Allianz) e Fondazione Ernst & Yong Italia, di Fondazione Oliver Twist (Gruppo Kairos e Leonardo Del Vecchio) e della Fondazione Dynamo (quello di Dynamo Camp) promossa dal presidente di Kme Group, Enzo Manes, uno dei 25 nuovi Cavalieri del lavoro nominati oggi dal Presidente Napolitano.
Ci sono poi imprese che hanno fatto della cura del territorio una vera e propria missione. Un esempio è il Gruppo Loccioni di Ancona, leader nei sistemi di automazione, che da anni promuove vasti progetti di valorizzazione del territorio in partnership con altri soggetti. Altre imprese, invece, interpretano il sostegno al territorio in primo luogo come sostegno ai propri dipendenti in forma di condivisione degli utili: lo ha fatto Renner Italia, multinazionale bolognese delle vernici in legno, che ai sui dipendenti ha offerto 2mila euro lordi aggiuntivi provenienti dalla condivisione del 15% degli utili (e dai risparmi energetici), e Segest, società di comunicazione di Ferrara, che da quest'anno condivide coi collaboratori il 20% degli utili.
Iniziative del genere, inoltre, non sono una prerogativa delle imprese. la cooperativa sociale Auxilium di Senise, in provincia di Potenza (opera anche in Campania, Lazio, Lombardia e Puglia), già nel 2008 decise di costituire un fondo per aiutare soci e dipendenti in difficoltà, con contributi in occasione della nascita di un figlio o per il matrimonio. E di destinare ogni anno l'1% non degli utili ma dell'intero fatturato a iniziative di solidarietà.
Le declinazioni possibili del welfare territoriale sono potenzialmente infinite. E non sono poi così rari, come detto, gli imprenditori illuminati o filantropi cui fare riferimento. Affinché tutto ciò diventi fattore di sistema, allora, forse manca solo quanto auspicava di recente l'economista Stefano Zamagni: una nuova leva di imprenditori sociali. Che fin da subito considerino il contributo al bene comune non solo come una dimensione costitutiva dell'attività d'impresa, ma come elemento che può accrescerne in modo unico la competitività.
Andrea di Turi
Auxilium modello di responsabilità sociale assieme alle grandi imprese nazionali ed internazionali
AVVENIRE - MILANO, 2 giugno 2013
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