La Nuova del Sud: Gambetti, Gravina e Orofino in dialogo sui valori del calcio

Dal calcio dell'oratorio al calcio industria. La terza serata della Festa di Avvenire in Basilicata, che si è svolta a Potenza il primo luglio: un dialogo interessantissimo tra il cardinale Mauro Gambetti, il Presidente della FIGC Gabriele Gravina e monsignor Vincenzo Orofino, “Negli ultimi 30 anni c’è stato un rovesciamento di valori, che mi ha fatto disaffezionare al calcio - ha detto Gambetti -.

L’aspetto economico ha preso il sopravvento su quello umano e, come dice il Vangelo, non si possono servire due padroni. Ci sono genitori che pagano per vedere i figli in prima squadra, invece dovremmo insegnare che si può stare anche in panchina, se in quel momento c’è qualcuno più bravo, ma non per questo sentirsi dei falliti. Dovremmo imparare tutti a declinare ogni aspetto della vita in amicizia”. “É necessario riscoprire il senso del gioco, e i bambini devono giocare liberi, basta con la schiavitù dei tatticismi - ha spiegato Gravina - Il fenomeno della globalizzazione è inarrestabile ma stiamo attenti a non inseguire solo la dimensione economica, perché si creano bolle che prima o poi scoppiano, come è accaduto in Cina e in Turchia. Il dialogo si è fatto ancor più emozionante quando Gravina ha parlato della Divisione Paralimpica e Sperimentale della FIGC, unica federazione al Mondo ad averla, e delle altre iniziative di inclusione: “Ci sono 3000 ragazzi tesserati, con problemi cognitivi, che giocano al calcio, che, credetemi, fa miracoli. Vi invito a seguire le partite e parlare con le famiglie. Inoltre è meraviglioso vedere i 2000 minori stranieri, arrivati in Italia non accompagnati, che fanno parte del Progetto Rete. Hanno un loro campionato, molti sono stati tesserati come arbitri, come giocatori dilettanti e alcuni come professionisti”. "Il gioco del calcio, prima di arrivare alla nazionale, esiste nella realtà di tutti - ha spiegato monsignor Orofino - ed è in quella realtà quotidiana che l’uomo fa i conti con quello per cui vale la pena vivere. Quando vediamo giocare a pallone i ragazzi siamo felici, perché emerge l’innocenza del gioco, che è un’espressione bella della vita delle persone. Spetta a noi far passare in quel gioco i valori che restano per sempre”.